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Testi critici

Giorgio Di Genova

L’attuale pittura di Renzo Eusebi è una logica conseguenza della precedente esperienza delle sue tele “a bassorilievo panneggiato”, come ebbi a definirle un paio d’anni fa, quando ne indicavo anche la lontana discendenza dal materismo dei Sacchi di Burri, non senza trascurare le ascendenze, per quanto riguardava certi tagli e sfondamenti della tela, della lezione di Fontana. Ora che la pittura di Renzo s’ è ricompattata in un materismo monocromatico i sostrati di Burri e Fontana sono stati fortemente metabolizzati, ma con un’attenta lettura critica sono ancora rintracciabili, seppur fortemente riassorbiti.

Attualmente l’esuberante vitalismo del pittore ha trovato il terreno congeniale nella mistura di pigmenti cromatici e diverse materie, in mescolamenti in cui spesso vengono utilizzate sostanze vetrose, ottenendo una pittura magmatica dai ricchi e variati spessori, quasi sempre accidentati e costellati, oltre che da scintille di colori altri, di fori simili alle depressioni che si formano su una superficie di inorganica materia densa e vischiosa quando esplodono le bollicine da essa prodotte.

Gli attuali lavori monocromi in rosso, viola, blu, giallo, nero ed altri colori di Eusebi hanno la consistenza delle materie essiccate dopo essere portate ad ebollizione, o, se si preferisce, della crosta terrestre formatasi dal raffreddarsi dell’incandescente magma primordiale. E per questo sprigionano una sotterranea tensione ancora memore del calore che le impregnava, aspetto, questo, che le differenzia totalmente dalla fredda materia dei Cretti di Burri, che nella versione in bianco diventano quasi algidi.

Ma, rispetto a quella del grande artista di Città di Castello, anche altri aspetti differenziano l’attuale produzione eusebiana. Burri, da umbro, era dotato di un forte sentimento della terra ed alla terra si ispirava per i suoi Cretti, che infatti erano venati dalle crepe, come accade agli aridi campi fangosi allorchè vengono prosciugati dai raggi solari. Il nostro pittore marchigiano, ormai divenuto d’adozione bergamasco, invece, è proprio al magma solare che si rivolge e dallo spettro delle radiazioni di esso ricava quasi tutti i colori delle sue scansioni monocromatiche. E dico quasi tutti, perché i monocromi neri, ovviamen-te, non possono essere riferiti al sole.

Essi, anzi, attizzano visionarismi lunari, naturalmente quelli attinenti al Novilunio dei tre giorni in cui la luna, pur essendo in cielo, non viene vista dall’occhio umano, perché la faccia prospisciente alla Terra è totalmente in ombra. Non a caso queste opere richiamano alla memoria le superfici lunari che Turcato attuò nel periodo della sua produzione in gommapiuma, soprattutto quelle tutte nere, che presentavano porosità simili a quelle che ritroviamo nei monocromi di Eusebi, per l’appunto riconducibili alle asperità della superficie lunare.

Si tratta, a ben considerare, di una depuratrice virata del neodadaista collage di panni delle tele precedenti, per le quali, sempre un paio d’anni fa, osservavo: “Era come se la pittura, la vecchia e secolare pittura, avesse indossato un vestimentum, che in virtù delle pieghe ne indagasse le rugosità dovute alla sua età”. E che i panni utilizzati allora fossero quelli di Eusebi stesso la dice lunga sull’ identificazione della sua pittura con il proprio io quotidiano. Ora è come se Eusebi avesse spogliato la sua pittura. E nel farlo ha contestualmente messo a nudo il suo io esistenziale, pieno di grumi emotivi, di asperità caratteri, di sbalzi umorali, ma solido, coriaceo e compatto e totalmente immerso nella fisicità.

Infatti, Eusebi è dotato (e da qui deriva il suo temperamento irrequieto e sanguigno) di un fortissimo e insopprimibile senso della fisicità, che, del resto, aveva, sì, estrinsecato nella lunga stagione delle opere con tele lacerate, su cui letteralmente affogava stracci e corde nel magma delle paste cromatiche, ma ancor prima aveva sfogato in prove plastiche realizzate per germinazione di agglomerazioni di vari materiali ed elementi, nelle quali già cercava di soddisfare i bisogni della sua esuberante fisicità attraverso l’oggetto e la sua sostanza tattile, fisicità poi trasferita nei quadri orchestrati dal collage di panni e indumenti, anche personali ed attualmente filtrata nelle materie della sua accidentata pittura monocroma.

Una pressione così urgente per la tattilità e l’oggettualità dell’opera, tuttavia, non poteva esaurirsi sulla superficie piana dei quadri. Ed infatti da tempo Eusebi ha ripreso a realizzare sculture, ma con criteri e strutture ben differenti da quelli appartenenti a tempi, rispetto alla sua produzione ed alla sua crescita artistica, ormai remoti.

In questa ultima stagione, come è accaduto nella pittura col trapasso dai quadri con panni a quelli con materie aggrumate, il ritorno alla plastica s’è come depurato dalla capricciosità neodada di certe precedenti esperienze. Per dar ordine al suo empito operativo, Eusebi ha rispolverato certe reminescenze euclidee, in passato già esperite con maggior dinamicità nella fase delle sue aculeate sculture slanciate verso l‘alto, che nel suo diario aveva così descritto: “Forme appuntite che si innalzano verso il cielo, colori su colori, spruzzati, impiastrati, quasi gettati lì per caso”.

Le aculeate forme a punta ora si sono ricomposte in slanciati triangoli, il discreto spessore degli elementi bifrontali di allora s’è irrobustito, spesso lievitando in forme cilindriche e squadrate, che, assemblate, ribadiscono ancora la propensione verso il cielo, propensione ottenuta con soluzioni di esplicita verticalità, attualmente affidata a più elementi, dal ferro al legno, dal travertino all’ardesia ed al vetro cotto, ricompattati in modo da caricare di personalità le forme di libera e libertaria geometria, per un verso riscoperte, dopo tante concessioni alle istanze informali, e per altro verso ricoperte, con gesto neodadaista, di sabbia. Ad Eusebi la sabbia serve per rivestire di materia le superfici e, attraverso essa, ottenere quel raggiungimento di varianti cromatiche che diano uniformità all’opera e nel contempo ne movimentino la rigidità plastica e la staticità di concerto con le diversificazioni morfologiche degli elementi che concorrono a determinare l’insieme.

Se, come detto in precedenza, i quadri materici dell’attuale ricerca pittorica di Eusebi hanno messo a nudo il suo io, queste sculture di quell’io possono essere considerate lo scheletro.

E, mentre l’attuale pittura è sostanzialmente impregnata di un lirismo proiettato sulla materia, esaltata nella sua assoluta, quanto diretta espressività, il che costituisce un diapason nel panorama dei discorsi attinenti alle istanze neoinformali oggi alquanto diffusi, gli attuali connubi di pittura e scultura sono un vero e proprio “ritorno alle cose stesse”. Naturalmente le “cose stesse” della pittura e della scultura del versante aniconico che ha attraversato il secolo che sta esaurendosi, per introdurci nel terzo millennio, nel quale indubbiamente, anche in arte, ci saranno moltissime novità, ma non tutta l’eredità del fondamentale XX secolo sarà sperperata per quel tasso (e stavo per lasciarmi sfuggire: tasse) di successione che il tempo della storia sempre pretende e mai azzera del tutto.

Giorgio Di Genova, 2000

 

“All'assoluto astrattismo geometrico è approdato con una progressiva depurazione cromatica ed esecutiva, dopo una stagione surrealista e una segnico-materica, Renzo Eusebi, già esponente del Gruppo Aniconismo Dialettico. Alla base del suo comporre forme euclidee in legno dipinte nei tre colori primari c'è una personalissima riflessione sulle possibilità di un connubio di Suprematismo e Neoplasticismo, coordinati appunto dalla ratio geometrica, con soluzioni diagonali che “sarebbero state fortemente stigmatizzate da Mondrian” come ho già sottolineato un anno fa.
Ciò ha dato limpidi risultati di un concretismo reificato, in ottemperanza di un'esigenza di oggettivazione che s'è esplicitata in sculture di impianto parallelo alle composizioni tipiche dei quadri, alla stregua di quanto aveva già fatto nella stagione della pittura informale con sculture di ferro dipinto”.
Cit. Giorgio di Genova – Percorsi d'Arte in Italia 2018 ed. Rubbettino

“All'assoluto astrattismo geometrico è approdato con una progressiva depurazione cromatica ed esecutiva, dopo una stagione surrealista e una segnico-materica, Renzo Eusebi, già esponente del Gruppo Aniconismo Dialettico. Alla base del suo comporre forme euclidee in legno dipinte nei tre colori primari c'è una personalissima riflessione sulle possibilità di un connubio di Suprematismo e Neoplasticismo, coordinati appunto dalla ratio geometrica, con soluzioni diagonali che “sarebbero state fortemente stigmatizzate da Mondrian” come ho già sottolineato un anno fa.Ciò ha dato limpidi risultati di un concretismo reificato, in ottemperanza di un'esigenza di oggettivazione che s'è esplicitata in sculture di impianto parallelo alle composizioni tipiche dei quadri, alla stregua di quanto aveva già fatto nella stagione della pittura informale con sculture di ferro dipinto”.

Cit. Giorgio di Genova – Percorsi d'Arte in Italia 2018 ed. Rubbettino

 

Hanno scritto di Renzo Eusebi

R.Boccaccini, F. Bassani, E. Pupino, G. Campione, E. Groppali, L. Lazzari, M. Pezzotta, M. Monteverdi, D. Conenna, L. Marcucci, A. Pacifico, B. Goutron, A. Palumbo, N. Panepinto, L. Carli, C. Panepinto, C. Benoit, E. Concarotti, O. Campigli, O. Niero, R. Novalesi Geverini, L. Carini, G. Segato, P. Rizzi, F. Maroni, M. Chieppa, P. Baracchi, F. Calzavacca, P. Levi, P. Malato, G. Gigliotti, E. Di Martino, J.LL. Montanè, E. Krumm, L. Solli, A. Romoli, A. Muroni, M. Valeri, L. Turco Liveri, M. Savini, G. Capasso, L. Strozzieri, F. Tortiello, A. De Santis, A. Raddi, L. Tallarico, R. Civiello, F. Emidi, A. Ginesi, C. Melloni, F. Bianchi, R.M. Siena, G. Ravazzola, T. Tamburi, D. Taddei, D. Radini Tedeschi, A. Fantuzzi, M. Cafà, G. Di Genova, C.R Sciascia,R.Sprovieri, R.Pinto, G. Corduas, D.Pronesti.